
Anatolij Mariengof e Sergej Esenin si conobbero nel 1919 e da subito stabilirono un’amicizia che li rese inseparabili per quattro anni. Condivisero tutto, propositi, viaggi, guadagni, casa, persino lo stesso letto. Nel 1923 il loro rapporto si raffreddò, cessò la collaborazione creativa e si separarono, per poi riavvicinarsi poco prima del suicidio di Esenin nel 1925. Il talento di Mariengof non era uguale a quello di Esenin ma neppure inferiore, quanto fosse elevata la sua qualità letteraria si può accertare in Romanzo senza bugie scritto nel 1926 per rispondere agli attacchi che lo accusavano indirettamente della morte del poeta. Scritto in memoria dell’amico scatenò una rabbia senza limiti, venne accusato di contraffazione e falsificazione dei fatti, di atteggiamento blasfemo nei confronti della memoria del compianto poeta. Il romanzo sotto una maschera di spudoratezza in realtà possiede un atteggiamento riverente e poetico, è davvero un documento della vita letteraria e reale di Esenin e allo stesso tempo è difficile non percepire quanto sia stato tragico, personalmente per Mariengof, l’epilogo della storia vissuta.
Lavorando come segretario letterario della casa editrice del Comitato Esecutivo Centrale incontra Esenin che era già abbastanza famoso, subito, insieme ai poeti e amici Ivnev, Shershenevich, Kusikov, Jakulov e Erdman, fondano il gruppo degli Immaginisti. Si riunivavano al caffè letterario La stalla di Pegaso dove avvenivano dispute su cinema teatro e pittura, pubblicavano una rivista, conducevano una libreria e una casa editrice. Gli Immaginisti sono degli sperimentatori, innovatori della forma della strofa e della rima riuscendo ad ottenere grande espressività. La parola imažinisty la presero da una rivista di poesia americana che parlava di Ezra Pound e di altri poeti proclamatisi “imaginistes”. È molto probabile che non abbiano mai letto le poesie di quegli autori perché la più grande influenza venne loro da Majakovskij e dal Futurismo. Il loro immaginismo vuole esaltare l’immagine autonoma dal contenuto, puntare sul metaforico a catena, ciò che più conta è trovare l’analoga affinità di cose distanti, cancellare le differenze tra le cose, far salire quel linguaggio della somiglianza che è poi il sostrato di tutti i poeti. Da un punto di vista strutturale è un’accentuazione barocca del Futurismo.
**Parlando dell’immagine, del suo posto nella poesia, della rinascita della grande arte verbale, Esenin aveva già una sua classificazione delle immagini. Quelle statiche le chiamava dighe, quelle dinamiche e mobili le chiamava invece navi, collocandole al di sopra delle prime; parlava delle qualità decorative del nostro alfabeto, delle immagini simboliche della vita di ogni giorno, del galletto-banderuola sul tetto delle case contadine, dei diversi disegni delle stoffe, di quel seme d’immagine ch’era in tutti gli indovinelli, proverbi, filastrocche.- (pag. 11)
**Esenin amava sempre rivoltare la parola, restituirla al suo senso primitivo. Nel loro secolare cammino le parole si sono consunte. Alcune le abbiamo leccate con le nostre lingue sino a scoprirvi splendide figure metaforiche, in altre un’immagine sonora, in altre ancora un senso sottile e beffardo.- (pag.17).
**Stavamo ore e ore sui versi, e insieme gettavamo le basi della teoria dell’immaginismo. Il lavoro sulla teoria ci introdusse nei labirinti fantastici della filologia. Creammo una scienza fatta in casa, scoprendo e mettendo a nudo nelle parole radici e tronchi figurati, curiosi e a volte sostanziali. Esenin urlava: ratto! -Rispondevo: grattare. -E adesso da grano.- Grandine, granita. -Ma è bella anche l’immagine dentro la radice: sorso-sorgente; riga-rigagnolo….ci sembrava che una volta dimostrata la sedimentazione delle immagini nell’infanzia della lingua, avremmo reso inoppugnabile la nostra teoria…….. Sulle spalle il mio frugoletto di due anni Kirillka, guardiamo entrambi il sole rosso fuoco che sta tramontando. Kirill dice raggiante: Palla. Guarda ancora e muta parere -Sfera. E alla fine, molto sicuro della sua congettura proferisce: Orologio. Che immagini. Che chiarezza, una conferma delle nostre formazioni verbali. -(pag.58)

Come personaggi, il ghigno cinico e brutale li rende simili a espressionisti e dada anche per il senso della distruzione totale della vecchia cultura, del passato, per il senso della fine e tramonto della cultura. Si dichiarano profetici, usano un tono sfrontato e irriverente, sono megalomani e narcisi. Facevano scherzi macabri annunciando morti, cambiavano i nomi alle strade, coprivano di citazioni blasfeme i muri del Santo Monastero di Mosca, le letture pubbliche si trasformavano in controversie violente, accompagnate da reciproci attacchi offensivi tra oratori pubblico e stampa. Esenin aveva un fervore eroico che non è negli altri, lo aveva già da prima e l’Immaginismo accentua la sua tendenza dello scavezzacollo, del “chuligan” invasato e furioso e i suoi versi caleidoscopici con il gusto della distruzione.
**Del teppismo di Esenin sono responsabili innanzitutto i critici, poi i lettori e chi affollava le serate letterarie, i caffè e i club. Ancora prima delle spacconate letterarie degli immaginisti, la stampa aveva affibbiato questa parola, poi ne fece un’etichetta che cominciò a ripetersi. Fu la critica a suggerire a Esenin di creare una sua biografia di teppista e recitare la parte di teppista nella poesia e nella vita….. Non so se Esenin trasformasse più spesso la vita in poesia, o la poesia in vita. La maschera diventava per lui il volto, il volto la maschera.-(pag. 51)

Il motivo dell’allontanamento tra i due non fu un litigio ma, spiega Mariengof, il venir meno di quell’energia e quell’identificazione che li aveva legati. Le loro strade si dividono, Mariengof si sposa, lo fa anche Esenin per la terza volta, adesso con Isadora Duncan. Con lei viaggia per l’Europa e gli Stati Uniti aumentando la sua inclinazione teppista. Girava vestito in smoking con il cilindro e le scarpe lucide, tre cose impeccabili che avevano su di lui l’aria di una mascherata, lui lo sapeva, cedergli era stato un tradimento, era stato rinnegare la propria interiorità mugicca.
**L’Europa fa schifo noia tremenda da vita insulsa, per l’abbondanza ho smesso di bere. Malgrado tutto sia lucido questo è un cimitero, il continente è una cripta sono tutti morti da tempo. È di gran moda il dollaro, dell’arte invece se ne fregano, la forma più elevata è il music-hall. Noi saremo anche dei mendicanti, da noi ci sarà anche la fame, il freddo e il cannibalismo, ma almeno abbiamo un’anima.-(pag.115)
**Ed egli era così intelligente da capire, una volta in Europa, tutto il carattere antiquato, il logorio e il disfacimento delle proprie convinzioni, e di non essere sufficientemente fermo e deciso per rifiutarle, per trovare un nuovo mondo interiore.-(pag. 113).
Esenin torna a casa con un profondo senso di insofferenza, consapevole dell’avanzata della civiltà meccanica che porta rovina al mondo patriarcale del villaggio, nelle poesie piange la vecchia Russia. Oppure scrive poesie di adeguamento per capire il nuovo ma continua come una ricaduta il distacco dalla realtà, con continui presagi di morte, di gusto per l’autosarcasmo e disgusto per la notorietà. Decide allora di andare nel Caucaso che ha ispirato molti poeti, con il desiderio di staccarsi dalle bettole, ma i temi sono sempre quelli.
**Sul treno che li deve portare nel Caucaso dal finestrino osservano uno spettacolo commovente. Nella steppa un puledro pazzo di paura galoppava a fianco della locomotiva. Esenin urlando a squarciagola incoraggiava e spronava il cavallo e i due cavalli, quello vero e quello d’acciaio, per un tratto restarono alla pari. Poi il quadrupede cominciò a restare indietro. Esenin non era più lui, scrisse una lettera a una ragazza che gli piaceva descrivendole la scena. Per lui il puledro vinto era la tangibile cara e morente immagine della campagna.-(pag. 74)
Esenin sa di essere del passato, di aver sciupato la vita, di aver tradito il mondo contadino per la bettola il cilindro e le scarpe di vernice, di aver sviato la verità mugicca, di incarnare la morte di una civiltà. Il suicidio è l’unica cosa che distingue il poeta dalle piante e dalle bestie.

I cinici è incentrato su una coppia, Vladimir e Olga, e descrive in generale la vita del paese dal 1918 al 1924. Il romanzo fu vietato dalla revisione delle autorità di controllo ma riuscì ad essere pubblicato in Germania dando il via alla persecuzione di Mariengof, sostenuta anche dalla Società degli scrittori alla quale egli scrisse una lettera indignata. Poi, piegatosi alla pressione, si pentì pubblicamente per il suo romanzo sul Giornale letterario del novembre 1929. Nella prefazione all’edizione francese Seuil, Josif Brodskij lo ha definito una delle opere più innovative nella letteratura russa del xx secolo sia nello stile che nella struttura. La principale caratteristica strutturale è l’assemblaggio che alterna elementi di narrazione artistica con elementi documentari, cioè con inserti di citazioni da giornali, annunci, estratti di decreti governativi. Come modo può essere paragonato alla tecnica multidimensionale di Dos Passos, in cui trame simultanee si intersecano con titoli di quotidiani, versi di canzonette e notizie di cronaca, oppure alle idee di montaggio delle attrazioni di Eisenstein che per catturare l’attenzione del pubblico e per spingerlo alla riflessione, inserisce sequenze estranee al racconto con immagini che non hanno significato in sé ma possiedono una valenza metaforica in relazione al contesto principale. Oppure ancora ai fotomontaggi di Rodchenko, realizzati con collage che combinano testo e immagine. Nel romanzo l’argomento degli inserti riguarda principalmente la guerra, le notizie dal fronte e soprattutto i razionamenti, l’esaurimento, la mancanza di cibo. La fame viene descritta in un crescendo sempre più drammatico fino agli episodi di cannibalismo e necrofagia. I dettagli naturalistici servono a scioccare e fanno parte degli inserti “oggettivi”, quelli della vita dei protagonisti sono gli inserti “soggettivi”. Questa tecnica compositiva permette di vedere come gli eventi oggettivi ridisegnano quelli soggettivi. Ad esempio: un articolo di giornale parla della preparazione della carne di cavallo come soluzione contro la fame per i due milioni di moscoviti, segue la cena di Vladimir e Olga dove viene servita carne di castrato commentata da Vladimir senza ottimismo, perché secondo lui la raccolta di carne di cavallo è solo il massacro di cavalli utili al lavoro. Oppure alla paradossale iniziativa dei soviet del popolo di erigere monumenti, fa da contrappunto l’assurda preoccupazione di Olga di procurare calzini pesanti all’amante che deve partire per il fronte. Per acquistarli al mercato in una gelida giornata si fa accompagnare da Vladimir che, non avendo vestiti sufficientemente pesanti, deve prima indossare mutande da donna in lana d’angora lilla e adorne di nastri. All’inizio del racconto, subito dopo gli eventi rivoluzionari, le basi dello stato sono state ristrutturate e la vecchia vita rovesciata, adesso gli amanti se si fanno regali portano in dono sacchi di farina, Vladimir invece porta a Olga dei fiori, segno di un romanticismo vecchio stile. Questo è uno degli elementi che perpetuano per sopravvivere, per non partecipare ai tragici problemi quotidiani, che tuttavia esistono e che proporzionalmente accrescono la loro ironia sulla vita. Gli eroi di Mariengof non sono cinici, sono eroi romantici, sono il passato calpestato consapevole di non avere speranza, quel che fanno, combinare ironia con tragedia, violare norme etiche e culturali, non riesce a liberarli dalla sofferenza morale che provano. Come una maschera hanno indossato la provocazione per difendersi ma sarà proprio questa, quando qualcosa sta migliorando, che distruggerà loro stessi